Sindromi mielodisplastiche: effetto clinico delle mutazioni puntiformi


Le sindromi mielodisplastiche sono disturbi clinicamente eterogenei caratterizzati da ematopoiesi clonale, alterata differenziazione, citopenie del sangue periferico e rischio di progressione verso leucemia mieloide acuta.

Le mutazioni somatiche potrebbero influenzare il fenotipo clinico, ma non sono incluse negli attuali sistemi di classificazione prognostici.

Utilizzando una combinazione di approcci genomici, inclusi sequenziamento next-generation e genotipizzazione basata sulla spettrometria di massa, sono state identificate mutazioni in campioni di midollo osseo prelevato da 439 pazienti con sindromi mielodisplastiche.

In seguito, è stato valutato se lo status di mutazione per ciascun gene fosse associato a variabili cliniche, incluse citopenie specifiche, proporzione di blasti e sopravvivenza generale.

Sono state identificate mutazioni somatiche in 18 geni, inclusi due, ETV6 e GNAS, che non erano mai risultati mutati in pazienti con sindromi mielodisplastiche.

Il 51% di tutti i pazienti ha mostrato almeno una mutazione puntiforme, incluso il 52% dei pazienti con caratteristiche citogenetiche normali.

Mutazioni in RUNX1, TP53 e NRAS sono risultate più strettamente associate a grave trombocitopenia ( P inferiore a 0.001 per tutti i confronti ) e a un aumento della proporzione di blasti nel midollo osseo ( P inferiore a 0.006 per tutti i confronti ).

In un modello di regressione di Cox a variabili multiple, la presenza di mutazioni in 5 geni ha mantenuto un significato prognostico indipendente: TP53 ( hazard ratio per decesso da tutte le cause, HR=2.48 ), EZH2 ( HR=2.13 ), ETV6 ( HR=2.04 ), RUNX1 ( HR=1.47 ) e ASXL1 ( HR=1.38 ).

In conclusione, mutazioni puntiformi somatiche sono comuni nelle sindromi mielodisplastiche e sono associate a specifiche caratteristiche cliniche.
Le mutazioni in TP53, EZH2, ETV6, RUNX1 e ASXL1 sono predittori di ridotta sopravvivenza generale nei pazienti con sindromi mielodisplastiche, indipendentemente da fattori di rischio stabiliti. ( Xagena_2011 )

Bejar R et al, N Engl J Med 2011; 364: 2496-2506

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