Leucemia linfatica cronica: combinazione di Ibrutinib con le cellule CAR-T anti-CD19


I risultati di uno studio di fase 1/2, retrospettivo, hanno mostrato che il trattamento concomitante con l'inibitore della tirosin-chinasi di Bruton ( BTK ), Ibrutinib ( Imbruvica ) e la terapia CAR-T anti-CD19, JCAR014, è risultato ben tollerato nei pazienti con leucemia linfatica cronica recidivata o refrattaria.

La combinazione dei due approcci era associata a un’alta percentuale di risposta obiettiva ( ORR ), 83%, e a risposte profonde.

In precedenza, in uno studio era stato osservato che i pazienti con leucemia linfatica cronica recidivante o refrattaria nei quali il trattamento con Ibrutinib aveva fallito, avevano ottenuto risposte durature al trattamento con la terapia CAR-T JCAR014 con bersaglio l’antigene CD19.
In questo studio, Ibrutinib non era stato somministrato in concomitanza con il trattamento con le cellule CAR-T.

I ricercatori hanno ipotizzato che la continuazione del trattamento con Ibrutinib anche durante le fasi di leucoaferesi, linfodeplezione e infusione delle cellule CAR-T potesse prevenire la progressione del tumore dopo la sospensione di Ibrutinib, migliorare il funzionamento delle cellule CAR-T e ridurre l'incidenza della sindrome da rilascio di citochine.
Pertanto, per valutare la validità di questa ipotesi, è stato condotto uno studio di fase 1/2 con due coorti sequenziali di pazienti con leucemia linfatica cronica recidivata / refrattaria.

In una delle due coorti, 19 pazienti sono stati sottoposti a linfodeplezione con Ciclofosfamide e Fludarabina seguita da una infusione di JCAR014 a una dose pari a 2 x 10(6) cellule/kg.
Nell'altra coorte, 19 pazienti sono stati sottoposti a linfodeplezione con Ciclofosfamide e Fludarabina seguita da una infusione di JCAR014 alla stessa dose, e trattati contemporaneamente con Ibrutinib.
Ibrutinib è stato somministrato a un dosaggio pari a 420 mg al giorno, iniziando 2 settimane prima della leucoaferesi e continuando fino ad almeno 3 mesi dopo l'infusione delle cellule CAR-T.
Era previsto dal protocollo la riduzione del dosaggio in caso di tossicità.

Le due coorti erano ben bilanciate per quanto riguarda l'età media ( 65 anni vs 61 anni ), il sesso ( uomini: 63% vs 63% ), la percentuale di pazienti progrediti dopo o durante il trattamento con Ibrutinib ( 94% vs 95% ), sottoposti a un precedente trapianto di cellule ematopoietiche o andati incontro a trasformazione di Richter, il performance status ECOG, la presenza di un cariotipo complesso o della delezione 17p e altri fattori.
Un paziente in ciascuna coorte era risultato in precedenza intollerante a Ibrutinib.

La somministrazione di Ibrutinib in concomitanza con Citarabina, Fludarabina e le cellule CAR-T JCAR014 è risultata ben tollerata dalla maggior parte dei pazienti, e nella coorte trattata con Ibrutinib 13 pazienti su 19 ( 68% ) sono stati trattati con il farmaco senza interruzioni.

L’incidenza della sindrome da rilascio di citochine di grado 1 o superiore è risultata simile nel gruppo trattato o non-trattato con Ibrutinib ( 76% vs 89% ).
Tuttavia, nessun paziente trattato con Ibrutinib ha sviluppato sindrome da rilascio di citochine di grado 3 o superiore, mentre nel gruppo trattato solo con le cellule CAR-T l’incidenza di tale evento avverso di grado 3 o superiore è stata del 25% ( P = 0.03 ).

Nella coorte trattata con Ibrutinib sono stati anche riscontrati livelli significativamente inferiori del picco sierico di interleuchina-6 [ IL-6 ] ( P = 0.03 ), di TIM-3 solubile ( P = 0.004 ), di MCP-1 ( P inferiore a 0.001 ) e del recettore solubile dell’interleuchina-2 [ IL-2 ] ( P inferiore a 0.001 ).

Non si sono osservate differenze significative tra le due coorti riguardo alla conta delle cellule T CD8-positive o CD4-positive.

Nel gruppo trattato con Ibrutinib, un paziente con sindrome da rilascio di citochine di grado 2 ha sviluppato una presunta aritmia cardiaca ad esito fatale, e un altro un ematoma subdurale nel contesto di un trauma e trombocitopenia.
Nessuna differenza significativa fra le due coorti per quanto riguarda l'incidenza di citopenie di grado 3 o superiore.

I pazienti nei quali è stata valutata la risposta sono stati il 94% nella coorte trattata con Ibrutinib e il 95% in quella trattata solo con le cellule CAR-T.

La percentuale di pazienti che hanno ottenuto una remissione completa o parziale e la percentuale di quelli con coinvolgimento dei linfonodi prima del trattamento che hanno raggiunto una remissione completa o parziale sono risultate più alte nella coorte trattata con Ibrutinib ( rispettivamente, 83% vs 65% e 83% vs 59% ), ma la differenza non è risultata statisticamente significativa.

Inoltre, nei pazienti che alla citometria a flusso non hanno mostrato più alcuna presenza di malattia nel midollo osseo dopo il trattamento con le cellule CAR-T, il tasso di risposta obiettiva è risultato paragonabile nelle due coorti ( rispettivamente 72% vs 65% ).
Nei pazienti con assenza di malattia nel midollo osseo misurata mediante sequenziamento di ultima generazione, il tasso di risposta obiettiva è risultato dell’85% nella coorte trattata con Ibrutinib e del 50% in quella non-trattata con Ibrutinib.

L'analisi multivariata ha evidenziato una associazione significativa fra la somministrazione di Ibrutinib in concomitanza con il trattamento con le cellule CAR-T e una maggiore probabilità di risposta ( odds ratio, OR=14.02; IC al 95%, 0.52-379.61 ). ( Xagena_2018 )

Fonte: American Society of Hematology ( ASH ) Meeting, 2018

Xagena_Medicina_2018