Talassemia maggiore: chelazione del ferro con Deferasirox in adulti e bambini
I pazienti con beta-talassemia richiedono, per tutta la vita, la terapia di ferrochelazione fin dalla prima infanzia, per prevenire le complicanze associate al sovraccarico di ferro trasfusionale.
Per valutare l’efficacia a lungo termine e la sicurezza dell'assunzione monogiornaliera per via orale di Deferasirox ( Exjade ) per la chelazione del ferro, pazienti di età maggiore a 2 anni che avevano completato uno studio randomizzato di 1 anno di fase 3, sono stati inseriti in uno studio di estensione di 4 anni, sia continuando Deferasirox ( coorte Deferasirox ) o passando da Deferoxamina ( Desferal ) a Deferasirox ( coorte crossover ).
Dei 555 pazienti che hanno ricevuto più di 1 dose di Deferasirox, il 66.8% ha completato lo studio; 43 pazienti ( 7.7% ) hanno interrotto a causa di eventi avversi.
Nei pazienti con esposizione a Deferasirox per 4 anni o più sottoposti a biopsia epatica, la concentrazione media di ferro al livello epatico è significativamente diminuita di 7.8 mg Fe/g di peso secco ( dw; n=103, P inferiore a 0.001 ) e 3.1 mg Fe/g dw ( n=68, P inferiore 0.001 ), rispettivamente, nelle coorti Deferasirox e crossover.
La ferritina sierica mediana è diminuita significativamente di 706 ng/ml ( n=196, P inferiore a 0.001 ) e 371 ng/ml ( n=147, P inferiore a 0.001 ), rispettivamente, dopo esposizione per 4 anni o più.
In base alla valutazione dei ricercatori, eventi avversi correlati al farmaco, tra cui aumento della creatinina ( 11.2% ), dolore addominale ( 9.0% ) e nausea ( 7.4% ), sono risultati generalmente lievi-moderati, transitori, e con frequenza ridotta nel tempo.
Nessun effetto negativo è stato osservato sulla crescita pediatrica o nello sviluppo sessuale adolescenziale.
Questo primo studio prospettico a lungo termine sull'uso di Deferasirox in pazienti adulti e pediatrici con beta-talassemia suggerisce che un trattamento fino a 5 anni è generalmente ben tollerato e riduce efficacemente il carico di ferro. ( Xagena_2011 )
Cappellini MD et al, Blood 2011; 118: 884-893
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