Leucemia mieloide cronica: Imatinib mesilato versus trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche


I benefici relativi del trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche ( allo-HSCT ) e Imatinib ( Glivec ) per la leucemia mieloide cronica in fase accelerata non sono stati precedentemente valutati.

Questo studio di coorte è stato elaborato per confrontare gli esiti di Imatinib ( n=87 ) rispetto ad allo-HSCT ( n=45 ) per la leucemia mieloide cronica in fase accelerata.

L'analisi multivariata della popolazione totale ha rivelato che una durata della leucemia mieloide cronica superiore o uguale a 12 mesi, emoglobina inferiore a 100 g/l e blasti nel sangue periferico superiori o uguali a 5% erano fattori prognostici sfavorevoli indipendenti sia per la sopravvivenza globale che per la sopravvivenza libera da progressione.

Entrambi i trattamenti hanno prodotto, in termini di sopravvivenza, risultati simili in pazienti a basso rischio ( nessun fattore ), con tassi di sopravvivenza libera da eventi a 6 anni, sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da progressione oltre l’ 80%.

I pazienti con rischio intermedio ( qualsiasi fattore ) non hanno mostrato differenze nella sopravvivenza libera da eventi e nella sopravvivenza globale, ma i tassi di sopravvivenza libera da progressione a 6 anni sono stati del 55.7% versus 92.9% ( P=0.047 ) con Imatinib verso allo-HSCT, rispettivamente.

Per i pazienti ad alto rischio ( almeno 2 fattori ), Imatinib ha dato esiti di gran lunga inferiori ad allo-HSCT, con tassi di sopravvivenza libera da eventi a 5 anni, sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da progressione del 9.3% contro il 66.7% ( P=0.034 ), 17.7% contro il 100 % ( P=0.008 ) e del 18.8% contro il 100% ( P=0.006 ), rispettivamente.

E' possibile concludere che il trapianto allogenico delle cellule staminali emopoietiche conferisce significativi vantaggi di sopravvivenza ai pazienti con leucemia mieloide cronica in fase accelerata ad alto e medio rischio rispetto al trattamento con Imatinib; tuttavia, i risultati delle due terapie sono ugualmente buoni in pazienti a basso rischio. ( Xagena_2011 )

Jiang Q et al, Blood 2011; 117: 3032-3040

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